Essere lasciati dopo un lungo periodo di relazione di coppia non è facile per nessuno perché, al di là dell’ovvio, un rapporto durato per mesi o per anni innesca, inevitabilmente, la dimensione dell’attaccamento, inteso come riconoscimento del partner nella veste di una base sicura, di persona che sa prendersi cura di noi, sa accudirci, proteggerci, confortarci e perché no, anche coccolarci.
La fine di una relazione può avere strascichi molto invalidanti, che possono durare da qualche mese a tre anni, in particolare per chi subisce l’abbandono da parte del partner.
A volte in una coppia si insinua, da parte di uno dei due partner, l’infedeltà emotiva, ovvero una sorta di attrazione molto intensa verso una persona esterna, che si traduce in una condivisione di momenti che diventa sempre più frequente, sottraendo presenza al partner.
A volte entrambi i partner non si sentono più innamorati e in certi casi la coppia non è riuscita a fare il passaggio “chimico” dall’innamoramento all’amore. Nonostante questo si allunga il brodo, si rimane insieme, in una dimensione che ha molto più a che fare con l’attaccamento che con l’amore.
Al di là della capacità di gestione del contrasto che ogni partner può avere più o meno accesa, in base alla sua cultura, alla sua apertura mentale e alla sua sensibilità, esistono dei comportamenti che quando sono messi in atto da uno dei due all’inizio di una relazione, dovrebbero far aprire gli occhi all’altro, ma il più delle volte rimangono chiusi.
Non poche persone confondono l’attaccamento con l’amore, ma si tratta di due concetti molto diversi, come sono diversi i due rispettivi impulsi di fondo: l’attaccamento ha come motore il bisogno, l’amore, invece, ha il desiderio.
[Tempo di lettura: 4 minuti] Sono sempre più convinto che quando si parla di coppia i soggetti non siano solamente i due partner, ma che dovrebbe esistere un soggetto in più...
Ha il suo apice nell'innamoramento, ha ispirato innumerevoli poeti e poetesse, ha spinto a fare pazzie un'infinità di persone e lo ha fatto sempre attraverso la chimica.
Do per scontato che tutti, anche il seduttore più incallito, mirino in fondo all'amore romantico.
Ci innamoriamo di chi può compensare i nostri difetti, le nostre mancanze, anche quelle che non confesseremmo mai neppure a noi stessi. Secondo la più evoluta - a mio parere - psicologia contemporanea1, il nostro desiderio non è mai, in realtà, verso una persona, ma verso il desiderio che quella persona prova: ci innamoriamo del desiderio dell'altro, desideriamo che ci desideri.
Secondo il modello Pragmatico della Comunicazione esistono due tipi di realtà. Vediamole insieme.
Poniamo il caso che tu sia amante di un certo tipo di biscotti, che ne vai letteralmente pazzo, e che ogni sera ne mangi alcuni dopo cena, leggendo un libro sulla tua poltrona preferita. Ogni lunedì vai al supermercato e ne compri una confezione, che poi travasi in un contenitore di vetro: è la tua scorta fino a domenica sera.
Un martedì, però, ritorni a casa aspettandoti di trovare il vaso ancora piuttosto pieno e scopri che tuo figlio ne ha fatto fuori la metà con alcuni amici che sono venuti a studiare con lui nel pomeriggio.
La realtà di primo ordine è quella oggettiva: il vasetto di biscotti non è più colmo.
Mi capita sempre più spesso nelle sessioni di coaching che tengo con i miei clienti, maschi o femmine che siano, di trovarmi ad ascoltare una serie di angherie subite, reali o presunte, da parte del partner. Sfoghi - che prontamente blocco sul nascere al massimo dopo cinque minuti - in cui la vittima da un lato descrive minuziosamente le mancanze del partner, dall’altro si trova a celebrare inconsapevolmente la propria capacità di sopportazione, in odore di santità.