In una zona arida dell'Africa ci sono tre uomini al lavoro, sotto il sole cocente.
Un bambino si avvicina e, rivolgendosi al primo uomo che sta scavando con una pala nella dura terra, chiede: "cosa stai facendo?"
L'uomo asciugandosi la fronte risponde: "Sto scavando, non lo vedi? Mi pagano per questo."
Il bambino prosegue e si avvicina al secondo uomo, che sta posizionando dei mattoni di fango essiccato uno accanto all'altro e gli fa la stessa domanda.
L'uomo risponde: "Mi pagano per posare dei mattoni in circolo, ed è quello che sto facendo."
Il bimbo continua a camminare e raggiunge il terzo uomo, quello che prepara i mattoni di fango e li posiziona al sole per farli seccare. Anche a lui chiede "cosa stai facendo?"
Nella mia esperienza di consulente in azienda ho incontrato molti leader, alcuni dei quali hanno avuto la mia ammirazione per la capacità di gestione e la fluidità di lavoro che riuscivano a creare nel team, muovendosi soprattutto su un lato "umano", mantenendosi umili e riuscendo ad essere ottimi punti di riferimento per ogni singolo componente del gruppo.
In questi casi fui io ad imparare molto e il mio intervento servì solamente a registrare alcune valvole che potevano lavorare ancora meglio.
Per contro, ho osservato anche manager che rendevano veritiero uno degli illuminati aforismi di Oscar Wilde che recita: "è con le migliori intenzioni che a volte si producono gli effetti peggiori".
Chi è sensibile, ovviamente lo è anche verso le critiche e quando le riceve la sua mente razionale prova frustrazione, risentimento o rabbia.
La sua "ragione" lo protegge e gli rende difficile vedere in se stesso la causa del problema: a livello emotivo non può permettersi di avere torto.
Il suo EGO vacillerebbe, insieme all'immagine che egli vuole dare di sé al mondo.
Si tratta di una "sentinella", che possiamo chiamare istinto, e che ha quotidianamente due sfere da proteggere: quella fisica e quella emotiva. Ogni giorno si mette in guardia per garantire benessere fisico e benessere emotivo.
Quando è minacciato il benessere fisico si attiva la reazione "attacca o fuggi", mentre quando è il benessere emotivo ad essere in pericolo nasce una reazione diversa, che si chiama "accetta o nega".
Siamo da parecchi anni in un nuovo secolo e, non so voi, ma io vedo ancora troppe volte codici comportamentali che sfiorano l'arroganza addosso a chi siede dietro scrivanie come quelle di manager, primari, notai, sindaci, assessori, dirigenti pubblici e, in generale, dove esiste un ruolo da difendere, o forse da sottolineare.
Vorrei parlarne oggi, prendendo in esame alcuni di quegli atteggiamenti che creano distanza e barriera tra chi li attua e i suoi interlocutori.
A volte mi capita di essere ricevuto da un manager o titolare di azienda, dopo aver fatto la mia bella anticamera per almeno dieci o quindici minuti oltre l'orario stabilito, nonostante la mia visita nasca da una sua richiesta di incontro.
Del linguaggio non verbale e della sua rilevanza nella comunicazione ho parlato più volte nei miei articoli su questo Blog, basta scorrere l'archivio per trovarne parecchi.
Oggi vorrei dare alcuni spunti riguardo al linguaggio non verbale dei leader: come si muovono le persone che hanno un ruolo di guida per gli altri?
Innanzitutto credo sia buona cosa ricapitolare i principi cardine della materia, tenendo a mente che la comunicazione non verbale si esprime soprattutto attraverso i seguenti cinque canali:
CINESICO (i movimenti e la gestualità).
PROSSEMICO (la gestione degli spazi e delle distanze tra gli interlocutori).
APTICO (la modalità di contatto e auto-contatto manuale).
VOCALE (intonazione, intensità, ritmo e tono della voce, suoni non verbali che emettiamo, come sospiri, raschiamenti della gola, suoni nasali, ma anche silenzi).
CRONEMICO (i tempi della comunicazione: pause, ritmo, alternanza dei turni tra chi parla e chi ascolta, interruzioni dominanti).