Avere a che fare con un leader tossico è devastante sul piano della motivazione e, il più delle volte, la devastazione emotiva va a contagiare anche altri ambiti della vita, come la sfera familiare.
Come si muovono le persone che hanno un ruolo di guida per gli altri e quali sono le differenze tra un leader maschio e una leader femmina sul piano non verbale?
Ci sono due pesi e due misure relativamente al tempo e alla puntualità nel presentarsi in una riunione aziendale.
In una zona arida dell'Africa ci sono tre uomini al lavoro, sotto il sole cocente.
Un bambino si avvicina e, rivolgendosi al primo uomo che sta scavando con una pala nella dura terra, chiede: "cosa stai facendo?"
L'uomo asciugandosi la fronte risponde: "Sto scavando, non lo vedi? Mi pagano per questo."
Il bambino prosegue e si avvicina al secondo uomo, che sta posizionando dei mattoni di fango essiccato uno accanto all'altro e gli fa la stessa domanda.
L'uomo risponde: "Mi pagano per posare dei mattoni in circolo, ed è quello che sto facendo."
Il bimbo continua a camminare e raggiunge il terzo uomo, quello che prepara i mattoni di fango e li posiziona al sole per farli seccare. Anche a lui chiede "cosa stai facendo?"
Non è sano portare a casa i problemi di lavoro.
Abbiamo tutti sentito o letto questa frase almeno una volta nella vita e sono convinto che non esista essere umano al mondo che non la trovi sacrosanta, nel suo tutelare le persone che amiamo, evitando loro di vederci nervosi a causa di noie lavorative.
Permettimi di riformulare la frase al contrario e dimmi se non funziona anche così: non è sano portare i problemi familiari nell'ambiente di lavoro.
Eppure accadono entrambe queste situazioni, forse perché siamo "poco sani" in fondo.
Chi, per posizione professionale, deve rendere conto dei suoi risultati a un superiore, può trovarsi, a volte, a dover fare i conti con una luna storta di quest'ultimo.
Chi è sensibile, ovviamente lo è anche verso le critiche e quando le riceve la sua mente razionale prova frustrazione, risentimento o rabbia.
La sua "ragione" lo protegge e gli rende difficile vedere in se stesso la causa del problema: a livello emotivo non può permettersi di avere torto.
Il suo EGO vacillerebbe, insieme all'immagine che egli vuole dare di sé al mondo.
Si tratta di una "sentinella", che possiamo chiamare istinto, e che ha quotidianamente due sfere da proteggere: quella fisica e quella emotiva. Ogni giorno si mette in guardia per garantire benessere fisico e benessere emotivo.
Quando è minacciato il benessere fisico si attiva la reazione "attacca o fuggi", mentre quando è il benessere emotivo ad essere in pericolo nasce una reazione diversa, che si chiama "accetta o nega".
Per riuscire in questa impresa, non certo facile senza i giusti strumenti, è consigliabile prestare attenzione all'EGO del cliente, anziché al reclamo in sè.
In generale il cliente arrabbiato si divide in due categorie:
- Quello che ha un legittimo motivo per esserlo.
- Quello che si lamenta per una piccola cosa che lui stesso ha ingigantito.
Il più critico è ovviamente il secondo, che in fondo vi sta comunicando - a volte direttamente, altre volte al di là delle sue argomentazioni - un messaggio ben preciso: "Sono troppo importante per essere trattato così".
Siamo da parecchi anni in un nuovo secolo e, non so voi, ma io vedo ancora troppe volte codici comportamentali che sfiorano l'arroganza addosso a chi siede dietro scrivanie come quelle di manager, primari, notai, sindaci, assessori, dirigenti pubblici e, in generale, dove esiste un ruolo da difendere, o forse da sottolineare.
Vorrei parlarne oggi, prendendo in esame alcuni di quegli atteggiamenti che creano distanza e barriera tra chi li attua e i suoi interlocutori.
A volte mi capita di essere ricevuto da un manager o titolare di azienda, dopo aver fatto la mia bella anticamera per almeno dieci o quindici minuti oltre l'orario stabilito, nonostante la mia visita nasca da una sua richiesta di incontro.
Del linguaggio non verbale e della sua rilevanza nella comunicazione ho parlato più volte nei miei articoli su questo Blog, basta scorrere l'archivio per trovarne parecchi.
Oggi vorrei dare alcuni spunti riguardo al linguaggio non verbale dei leader: come si muovono le persone che hanno un ruolo di guida per gli altri?
Innanzitutto credo sia buona cosa ricapitolare i principi cardine della materia, tenendo a mente che la comunicazione non verbale si esprime soprattutto attraverso i seguenti cinque canali:
CINESICO (i movimenti e la gestualità).
PROSSEMICO (la gestione degli spazi e delle distanze tra gli interlocutori).
APTICO (la modalità di contatto e auto-contatto manuale).
VOCALE (intonazione, intensità, ritmo e tono della voce, suoni non verbali che emettiamo, come sospiri, raschiamenti della gola, suoni nasali, ma anche silenzi).
CRONEMICO (i tempi della comunicazione: pause, ritmo, alternanza dei turni tra chi parla e chi ascolta, interruzioni dominanti).